6- Quali prodotti offrite ai vostri clienti? Come variano i gusti e le tendenze del mercato nei vari Paesi?
Offriamo prevalentemente gelato. Niente frozen yogurt o simili, solo gelato italiano, servito non con il porzionatore ma con spatola, insomma, gelato italiano servito all’italiana. Per quanto riguarda i gusti, il cuore dell’offerta è uguale in tutti i Paesi. Gusti come stracciatella, vaniglia, bacio, caramello salato sono best seller ovunque, sono gusti sempre presenti. Poi, per ogni paese, abbiamo delle personalizzazioni, per esempio in Medio Oriente abbiamo gusti come la rosa e il cardamomo, più vicini a gusti locali. In Brasile abbiamo l’Acai per esempio. La nostra filosofia è Conceived in Italy, made locally: lo spirito e il processo sono italiani, molti ingredienti che usiamo sono italiani, ma il prodotto viene sempre fatto localmente, in piccole quantità. Utilizziamo uno small batch approach, ossia, un prodotto realizzato in piccole quantità con più attenzione e più qualità. La frutta fresca è sempre presa localmente, cambia a seconda di dove operiamo, a seconda della stagione. Mentre invece il vegano per ora è presente solo negli Stati Uniti.
7-Che consigli darebbe a chi vuole avvicinarsi alla professione di gelatiere?
Il primo consiglio che darei è di non cadere in trappola quando si dice che questo business è ad altissima marginalità: è vero che ha alta marginalità: ad esempio, se pensiamo al costo degli ingredienti rispetto al costo di vendita. Ma il vero problema di questo business è la copertura dei costi fissi che sono principalmente due: il costo del personale e degli affitti. Questo business diventa ad alto margine solo dopo che hai coperto questi due principali costi fissi ed è un’operazione complessa. Una catena di gelateria è un business molto difficile, primo perché è complicato trovare una location che abbia la giusta alchimia tra avere abbastanza passaggio di persone e un costo di affitto sostenibile; secondo, sei molto vincolato alla stagione, se fa freddo fino a maggio ti perdi due mesi di ricavi importanti e allo stesso tempo non puoi tagliare sul personale, non hai la flessibilità operativa, perché altrimenti quando riparte la stagione rischi di essere sfornito di personale.
8-Qual è l’iter da seguire per aprire una gelateria all’estero? Nei diversi Paesi in cui vi state espandendo avete o state riscontrando delle difficoltà?
Parlo in base alla mia personale esperienza, non formulando regole generali. Fondamentale è la partnership con operatori molto consolidati sul territorio. Per esempio, negli USA volevamo offrire una soluzione “chiavi in mano” e qui mi sono impegnato molto a conoscere tutti gli aspetti legati alla food safety. Il mercato USA è iper complesso, ogni contea ha le proprie regole su come costruire il punto vendita, non hai uno standard che funziona al 100% dappertutto. Ho investito per conoscere i regolamenti, ho assunti diversi consulenti per arrivare preparato e offrire appunto una soluzione pronta, “chiavi in mano”. Bisogna proporre degli standard operativi che rispettino tutte le norme locali: banalmente, i pozzetti che uso a Dubai non vanno bene negli stati Uniti, dove le norme suggeriscono un’altra tipologia di pozzetti. È fondamentale interfacciarsi con i vari regolamenti, e bisogna avere un confronto chiaro con le equivalenti delle ASL locali. Con gli Emirati non abbiamo avuto difficoltà perché sono molto aperti alle importazioni; gli Usa sono sorprendentemente protezionisti e corporativi ed esistono una miriade di dettagli legali e di certificazioni da ottenere; anche il Brasile a livello burocratico è molto complesso, ci sono dazi al 100% e spesso le informazioni non sono così chiare.
9-E’ stato facile reperire le materie prime, i macchinari e le attrezzature?
Il cuore del gelato è fatto in Italia, viene dall’Italia con una filiera Italiana. Il prodotto fresco come acqua, frutta, latte e panna, per esempio, è ovviamente approvvigionato localmente con degli standard da noi definiti. Anche i macchinari sono sempre italiani: per noi è importante avere un servizio post vendita nei mercati dove operiamo, perché queste macchine, hanno bisogno di una costante manutenzione e poi le tariamo per il nostro processo produttivo in modo che siano facilmente utilizzabili dai nostri partner.
10-Fate attività di comunicazione e marketing?
Sì, facciamo attività di comunicazione e marketing; principalmente activations che avvengono nei vari punti vendita seguendo un calendario di iniziative, eventi e attività distribuiti nell’anno: per esempio a San Valentino, per il Mother’s Day. Siamo attivi anche su social media come Facebook e Instagram, canali fondamentali per la nostra brand awareness. Noi stiamo facendo un lavoro discreto che stiamo pian piano migliorando, per esempio vogliamo investire bene in questi canali per i nostri nuovi punti vendita statunitensi. Fondamentale per far funzionare i social media è creare contenuti e creare discussioni e attività attorno ai contenuti: questo secondo me è il vero potere dei social media, questo è il vero passaparola virtuale. Attorno a DRI DRI GELATO c’è dello storytelling: ho creato una piccola storiella con dei personaggi, che segue lo schema della fiaba: c’è un personaggio buono, uno cattivo… io penso che ogni brand debba avere una storia da raccontare. Bisogna integrare quella storia all’esperienza di consumo del cliente.
Il cliente deve vivere quella storia, bisogna che quando entra in un punto vendita e mangia il gelato quella storia viva: operazione sicuramente molto difficile ma importante.
11-Come hai appreso il mestiere di gelatiere e i metodi produttivi?
Ho studiato, ho parlato con diverse persone quando ho dato vita al mio progetto: dai gelatai ai fornitori di prodotti e poi ho scelto il metodo che secondo me riusciva a combinare la scalabilità, la replicabilità. l’artigianalità e il controllo della qualità.
12.- La catena di gelaterie rappresenta un buon sistema di business? Quali sono le strategie di gestione di una catena di gelaterie? Come si gestiscono così tanti locali sparsi per il mondo?
È un discorso personale. Fare l’imprenditore non è semplice, è un continuo emotional rollercoaster, come dicono negli Usa, fatto di alti e bassi. Bisogna avere il giusto supporto emotivo attorno a sé. Una singola gelateria è più facile diventi un successo se la curo nei dettagli, ma nell’aprirne venti di solito non riesci a replicare tutte le alchimie al 100%: è un insieme di elementi che deve funzionare. All’estero la qualità non è sempre l’elemento che maggiormente determina il successo, conta ad esempio moltissimo il branding e ovviamente la location. Se oggi sei interessato a creare un marchio e svilupparlo con punti diretti sono necessari molti capitali ed una concentrazione geografica. Perché per diversi anni avrai un business che non produce utili. I capitali servono per poter avere una buona struttura di management e per aprire i punti. Nel caso invece dello sviluppo in Franchising, sono necessari minori capitali, ma diventa fondamentale la capacità di attrarre partners (franchisee) e la capacità di scegliere il partner giusto nei vari Paesi. A mio avviso l’aspetto più importante nella scelta del franchisee è un allineamento culturale: cultura di prodotto, servizio e standard, di avere la stessa visione. In un contesto internazionale anche far funzionare correttamente gli accordi e i contratti non è semplice. Se vuoi creare dei punti diretti devi essere sovrastrutturato: prima ci si sviluppa in un preciso mercato e poi si esporta il modello all’estero; se si tratta invece di punti vendita con partnership, puoi avere una diversa dispersione dei punti vendita. La catena di gelateria non nasce mai come catena, ma parte da uno o due punti vendita e poi se il modello è di successo si amplia e si esporta.
Il mio consiglio per chi vuole esportare è sempre questo: cercare un ottimo partner nei Paesi in cui ci si vuole indirizzare, che voglia investire nell’attività, focalizzarsi poi sul prodotto e nella gestione quotidiana del punto vendita sul territorio. Riceviamo, noi di DRI DRI GELATO, spesso richieste di apertura di locali in tantissimi Paesi, dall’India alla Germania: tutte opportunità che possono essere interessanti ma abbiamo sviluppato nel tempo il giusto modo per fare screening, per capire quale potenzialmente potrebbe essere il giusto partner: so quali domande fare, si tratta di una vera e propria indagine.
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