Con il periodo di emergenza sanitaria che ha segnato il 2020 e le conseguenti misure di contenimento, le attività commerciali del settore della ristorazione hanno dovuto limitare, per alcuni periodi, la propria operatività limitandosi alla consegna a domicilio e all’asporto.
Questa situazione obbligava gli esercenti ad applicare aliquote diverse per ogni bene ceduto. Un argomento questo che ha suscitato polemiche e riflessioni.
Finalmente sul tema è intervenuta l’Agenzia delle Entrate che ha deciso di operare concretamene, in sede di redazione di Legge di Bilancio 2021, allineando le aliquote IVA dell’asporto e della consegna a domicilio a quelli della somministrazione.
Infatti, Il comma 40 dell'articolo 1 sezione I della legge di Bilancio 2021 assoggetta all’aliquota IVA del 10% le cessioni di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell’asporto.
La norma si riferisce ai soli piatti pronti e da quelli preparati al momento per essere immediatamente consumati, per essere consegnati a domicilio, per essere acquistati e per quelli d’asporto, quindi sono escluse le bevande, alle quali, si noti bene, dovranno essere applicate le aliquote ordinarie, e lo stesso vale per tutte le altre tipologie di beni che non presentano le caratteristiche indicate. Questo perché la norma non assimila l’asporto e la consegna a domicilio alla somministrazione (che è una prestazione di servizi comprensivo di prestazioni di fare, come il consumo in loco, e di prestazioni di dare, come la cessione di beni alimentari di qualsiasi caratteristica), ma assoggetta a una aliquota del 10% i piatti pronti e preparati al momento per il loro consumo immediato, per l’asporto e per la consegna a domicilio, stabilendo quindi un perimetro sul cosa, sul quando e sul come.
La fattispecie, di conseguenza, è autonoma: non puo' essere ricondotta né alla cessione di beni alimentari propriamente detta, né alla somministrazione di alimenti e bevande.
Infine, questione non trascurabile, l’intervento normativo ha la forma di norma di interpretazione autentica, la quale non costituisce una modifica normativa ma una interpretazione con forza di Legge di norme già esistenti, e pertanto ha valore retroattivo.
Questo sana il comportamento di quei ristoratori che hanno, anche in passato, assoggettato all’aliquota IVA del 10% le pietanze oggetto della norma. Tutto ciò, si dice, per agevolare i ristoratori nel proporre il servizio di asporto e delivery piuttosto diffuso in questo periodo caratterizzato da limitazioni e vincoli a causa della pandemia.
Ci si è chiesti se la norma con “piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati, comprendesse anche i prodotti di gelateria e pasticceria. La risposta ha questo quesito è che, ragionevolmente , si possono far rientrare in queste categorie anche i prodotti di pasticceria e gelateria, poiché la dizione “altrimenti preparati” sembra aprire a ogni tipo di alimento che venga sottoposto a qualsiasi procedura di manipolazione. Si aggiunga che questi prodotti potrebbero rientrare anche nella voce n. 68) della medesima tabella – a cui pure si applica l’aliquota IVA del 10% – “prodotti della panetteria fine, della pasticceria e della biscotteria, anche addizionati di cacao in qualsiasi proporzione”, ai quali i prodotti di gelateria ben possono essere assimilati (atteso anche che le attività di pasticceria e gelateria sono contraddistinte dal medesimo codice ATECO 56.10.30).
Per quanto riguarda i gelati, anche secondo autorevoli fonti, viene confermato il principio che nell’asporto si applica comunque l’aliquota IVA tipica del bene ceduto e si ritiene che i gelati rientrino nella voce residuale 80, parte III, con Iva del 10%.