Negli ultimi anni si è notato, sia in piccoli e medi centri urbani sia in importanti città, la chiusura di numerose attività commerciali. Nelle grandi città il fenomeno è forse meno evidente vista la rapidità con cui uno spazio affittabile in buona posizione viene nuovamente affittato, spesso a catene, ma nei piccoli centri le vetrine svuotate sono un evidente segnale della crisi che ha colpito l’Italia e l’Europa. Se ciò non bastasse, i dati della crisi sono davanti ai nostri occhi tutti i giorni, con telegiornali, giornali, programmi di approfondimento, che comunicano dati e offrono commenti in continuazione.
È anche vero, tuttavia, che proprio negli ultimi anni sono state aperte molte gelaterie, forse con un ritmo più elevato di quanto non fosse negli anni di tranquillità economica maggiore. La domanda ha, quindi, un suo buon fondamento e vale la pena soffermarci a fare qualche ragionamento. Il gelato artigianale resiste alle crisi?
Normalmente, nel settore viene evidenziato che il gelato (come il cioccolato e gli alcolici per esempio) è un prodotto anticiclico con le crisi. Il prodotto in sé è molto apprezzato da parte del consumatore finale e ha un rapporto qualità/prezzo che, di solito, è veramente interessante. Un gelato è un pranzo leggero, uno spuntino che, non sostituendosi ad una dieta attenta, gratifica lo spirito, il palato e allevia l’appetito. Un cono lo si trova, in condizioni normali, a una cifra intorno ai 2 euro, quindi una spesa assolutamente affrontabile anche in famiglia, se lo si confronta con una qualsiasi consumazione per un pranzo o uno spuntino. Inoltre, la stagionalità porta anche delle abitudini ben radicate: se è una bella serata diventa spontaneo fare una passeggiata fino alla propria gelateria di fiducia.
Le aperture sono però giustificate se non vengono viste solo come una mera occasione di business. Il mestiere del gelatiere artigiano è un mestiere che si impara nel tempo e comprende, tra l’altro, una buona conoscenza dello studio della location, del marketing e del target che ci si prefigge. Le aperture “porta a porta” o in zone di scarso passaggio o di bassa densità abitativa non porteranno a un aumento dei consumi, auspicabile da tutta la filiera, ma a una frammentazione del mercato che vedrà sempre e necessariamente un vincitore e un vinto. Chi avrà esperienza e professionalità e sarà riuscito a comunicare i propri punti di qualità avrà, nel medio periodo, la meglio, non però senza soffrire la scelta, sbagliata, di altri.
Le aziende associate AIIPA hanno corsi di formazione, all’interno delle loro scuole, che si occupano di aumentare la professionalità dei gelatieri già esperti (e quindi di dare gli strumenti per stare al passo con un mercato in continua evoluzione), ma anche di guidare (fino a sconsigliare) nelle scelte i neofiti che si avvicinano al mercato. Il mestiere del gelatiere si impara studiando e sperimentando, con la collaborazione di chi di ingredienti e di marketing “artigianale” si occupa tutti i giorni.
Se si guarda all’estero, invece, alcuni connazionali stanno migrando in terre lontane molto più “vergini” dell’Italia nell’arte del gelato. Questa scelta è sicuramente una scelta interessante, di nuovo solo se ben guidata e supportata da chi poi si occuperà di fare arrivare gli ingredienti e le attrezzature italiane sul posto prescelto. Anche questa è una risposta alla crisi che il prodotto gelato artigianale sa dare e che trova ottimi esempi ormai in ogni angolo del globo.
Su gentile concessione di Italian Gourmet