Diversamente dal caffè, ad esempio, per cui ci sono dei parametri ben precisi di riferimento, il gelato è l’espressione della fantasia e del gusto personale del gelatiere, ossia il professionista che lo prepara.
Diversamente dai prodotti “mono ingrediente” la qualità del gelato dipende in primo luogo dalla scelta delle materie prime, seguita subito dopo dalla loro combinazione armonica che tende a “migliorare” il gusto e la sensazione al palato degli ingredienti singoli che lo compongono.
Lo studio della qualità del gelato passa per i seguenti aspetti, alcuni di stretta competenza del gelatiere (da 1 a 3) e poco sondabili dal cliente, altri propri dell’analisi che il cliente può fare, seguendo i suoi sensi (da 4 a 10)
- Scelta delle materie prime
- Studio della combinazione delle materie prime
- Processo produttivo
- Esposizione alla vendita
- Aspetto visivo
- Profumo
- Fruibilità
- Colore
- Struttura al palato
- Sapore
Altri aspetti, pur non secondari, sono anche il trasporto e la conservazione casalinga, essendo il gelato artigianale un prodotto che può tranquillamente essere consumato a casa come quello di produzione industriale. La qualità assoluta è spesso un’abile bilanciamento di compromessi quindi sarà la somma di molti aspetti che potrà dire a un consumatore se il prodotto scelto è qualitativamente superiore a un altro. Inoltre il concetto di qualità è sempre specchio dei tempi.
Qui cercheremo di rendere oggettivi dei concetti che spesso sono soggettivi. Alla fine, il gelato che piace soddisfa alcune nostre esigenze e i nostri gusti, che non necessariamente sono quelli di tutti.
Scelta delle materie prime
Il consumatore non ha modo di vedere come il gelatiere sceglie le materie prime ma è ovvia l’importanza della scelta. Il gelato a base latte (tutti i gusti crema) è composto da circa il 70% di latte e panna per cui la selezione di questi due ingredienti è fondamentale. Il latte è generalmente fresco pastorizzato ma esistono esercizi che procedono alla prima pastorizzazione nell’esercizio. Alcuni gelatieri preferiscono invece l’uso di prodotti UHT per via della neutralità del gusto rispetto ai pastorizzati. Questa non deve essere vista come una scelta di minore qualità ma come il desiderio del gelatiere di avere una base più neutrale su cui costruire i gusti. Si vedrà dal paragrafo relativo al processo produttivo che le miscele al latte saranno comunque pastorizzate, per assicurare la massima omogeneità e sicurezza.
Nei sorbetti di frutta la frutta può normalmente variare dal 30% al 60% in peso del gelato. Questo significa che un sorbetto alla fragola di 100 grammi può avere fino a 60 grammi di fragola. Ma che sensazione diversa dal mangiare il semplice frutto abbiamo! Il resto della ricetta sarà composto da acqua e zucchero e quando diciamo acqua il gelatiere può scegliere quella che per sapore e caratteristiche sia per lui la più ottimale, che può arrivare dalla rete cittadina o da acqua minerale in bottiglia. In città dove l’acqua è molto trattata, il sapore di cloro non farebbe bene al gelato quindi la scelta sarà dell’acqua più neutra che il mercato propone.
Una volta costruita la base del gelato la scelta del gusto sarà data dall’esperienza del gelatiere di saper scegliere le migliori paste di nocciola, pistacchio, mandorla, cioccolato e così via. Per la frutta la migliore che riuscirà a trovare sul mercato, spesso seguendo la stagionalità della natura anche se la surgelazione gli permette di avere ottime fragole tutto l’anno.
Studio della composizione delle materie prime
Il gelato è una composizione di latte, panna, zuccheri, sapori e micro ingredienti come carruba, guar, pectina, aromi ed emulsionanti. La loro combinazione segue alcune regole generali ma la scelta del gelatiere può generare ricette che sono uniche ed irripetibili.
Anche in questo caso il cliente non può sapere come il gelatiere combina le sue ricette ma sentirà al palato l’armonia o meno delle sue scelte e potrà leggere dal cartello o dal libro degli ingredienti che prodotti ha scelto di utilizzare per avere l’armonia che ha cercato. La lettura in gelateria di questi documenti, che sono normalmente esposti, ci dirà già molto su come l’artigiano ha deciso di produrre il prodotto finale.
Processo produttivo
Molti rimarrebbero stupiti dal vedere un laboratorio di gelateria artigianale. Anche i più piccoli esercizi hanno un pastorizzatore, che scalda la miscela liquida fino ad una determinata temperatura e poi la fa sostare per un determinato periodo in un mantecatore, ossia la macchina che trasforma la miscela liquida in quel semi solido che il gelato è. Inoltre è necessario un abbattitore di temperatura per rafforzarne velocemente la struttura ed un set di altre macchine, spesso molto tecniche, spesso derivate da una normale cucina casalinga…ma un po' più professionali.
La scelta di processo che il gelatiere compie (come pastorizza, come manteca, se abbatte il gelato e quanto, le quantità prodotte per gusto e così via) incidono molto sul risultato finale, sia in termini di gusto, che di tenuta, che di struttura. Rimane comunque vero che un laboratorio di gelateria è un piccolo regno tecnologico, per dare gusto e sicurezza ai clienti. Il processo di pastorizzazione ad esempio, influisce notevolmente sulla qualità del gelato, attivando con il calore alcune reazioni che portano allo sviluppo ottimale della struttura e all’armonizzazione dei sapori e degli aromi, che perdono alcune note di testa e si bilanciano secondo l’esperienza del gelatiere.
La parte tecnologica evidente al consumatore sarà l’espositore per la vendita: la scelta si orienta in questo caso tra vetrine e banchi a pozzetto. Nelle prime il gelato è esposto alla vista, nelle seconde no. In questo caso, la scelta che il gelatiere fa è commerciale: c’è chi preferisce che i gusti siano esposti per valorizzarne le decorazioni ed i colori e chi preferisce conservare gelosamente il prodotto in assenza di luce e senza ventilazione (preoccupato che tenda ad asciugare troppo l’umidità del prodotto). Non c’è differenza di qualità tra un sistema e l’altro e nemmeno di ricette o tecnologia produttiva. Starà al cliente dare ragione o meno della scelta del gelatiere. Si sappia comunque che la stessa ricetta può vivere nello stesso modo in una vetrina o in un pozzetto con lo stesso gusto, lo stesso profumo, la stessa struttura.
Esposizione alla vendita
Per determinare se un gelato è di qualità possiamo cominciare dalla nostra entrata nell’esercizio. Il gelato è un’esperienza totalizzante che deve appagare vista, olfatto, gusto e tatto e nessuno di questi aspetti è secondario.
La pulizia del locale e delle vetrine del gelato sono il primo aspetto da valutare. I profumi neutri o piacevoli che si sentono accompagneranno l’esperienza visiva. Le vaschette devono essere curate e pulite, anche nei momenti di picco di lavoro. La cromia dei gusti in vetrina deve essere gradevole e calibrata come la tela di un pittore. Il vetro delle vetrine, così come il ripiano dei pozzetti, deve essere immacolato e questo costringe chi serve il gelato a frequenti passaggi giornalieri di pulizia, non fosse altro per i segni delle mani dei bambini sul vetro che contiene la delizia che stanno ordinando.
Negli anni le vetrine si sono evolute garantendo una tenuta del freddo anche più in alto del bordo della vaschetta, come invece non era possibile diversi anni fa. Le vetrine hanno un sistema di ventole che fanno circolare l’aria in modo ottimale anche a vetrina “aperta” per cui il gelatiere si è nel tempo specializzato a creare morbide colline di gelato che possono arrivare ad una ventina di centimetri più in alto del bordo della vaschetta. Anche questa è una sua scelta ed a volte un suo vanto. Aver creato un prodotto stabile, cremoso e bello da vedersi (diversamente da ciò che erano i gelati “rasenti” il bordo) è una sua opera di maestria che attira il cliente, come fanno i migliori chef nel curare l’impiattamento. E non è vero, come affermano molti, che per esporre un gelato “alto” siano per forza necessarie maggiori dosi di emulsionanti.
Non dimentichiamoci di vedere anche l’igiene degli armadi espositivi che tengono torte, stecchi e monoporzioni, la loro precisione esecutiva, la fantasia delle combinazioni. Anche questo è qualità.
Non ultimo, vediamo cosa il gelatiere ci comunica nel suo punto vendita, se sa raccontarci le sue scelte con qualche cartello alla parete, se è trasparente negli ingredienti (la disponibilità del cartello di cui prima), se ci accoglie nell’esercizio o meno. L’esperienza gelato deve essere globale quindi ogni aspetto fa parte della qualità.
Profumo
Il gelato ha un profumo e la gelateria pure. La gelateria ha cialde, coni, latte, frutta…tutti prodotti profumati. La gelateria, nel retro, cuoce, mescola, frulla…altri odori. Tutto assieme deve essere un armonia dolce ma delicata, un sottofondo che non deve disturbare, essere predominante o aggressiva.
Portare il gelato al naso ed aspirare può dare delle sensazioni ma il freddo del prodotto inibisce la parte volatile degli aromi. L’odore sarà sempre delicato, tranne magari per i gusti alcolici, dove i profumi a temperatura ambiente volatilizzano più velocemente. Il profumo lo sentiremo salire durante l’assaggio, quando il gelato fonde nella bocca e gli aromi più leggeri come la vaniglia saliranno i condotti nasali e solleciteranno i nostri sensi.
La fruibilità
Il gelato deve essere fruibile ossia deve ben comportarsi una volta sul cono, sulla coppetta, nella termoscatola, nelle coppe e ovunque possa essere normalmente consumato. Fruibilità è la disponibilità di un prodotto ad essere usato per il suo scopo ed il gelato deve essere “leccato” in forma semi solida e non “succhiato” in forma semi liquida. Un gelato che si scioglie velocemente, senza dare il giusto tempo di gustarlo con la dovuta calma, è un gelato mal costruito quindi di qualità non ottimale. Può fare anche molto caldo ma il gelatiere esperto deve saper tener conto anche e soprattutto di questo dato: il gelato è tipicamente consumato nella stagione calda.
I diversi gusti, anche quando combinati per la vendita, devono sciogliersi a velocità simili, soprattutto quando sono abbinati sul cono o nella coppetta. Simile deve essere la sensazione di cremosità, che è diversa dalla sensazione di freschezza che ad esempio ha un sorbetto rispetto ad un gelato al latte.
Questa stabilità allo scioglimento si ottiene miscelando in modo molto sapiente delle fibre come la farina di semi di carruba, la pectina, il guar, l’alginato ed altre con delle proteine (del latte o vegetali) e dal bilanciamento generale della ricetta. E’ quindi indice di qualità e di esperienza del gelatiere un gelato che si scioglie lentamente sul cono senza effetti “gommosi” o oleosi.
Anche il prodotto da asporto, che sia preso dalla vetrina o siano torte esposte in armadio espositivo, deve avere la capacità di essere trasportato a distanze ragionevoli negli appositi contenitori e di essere conservabile in freezer casalingo per qualche giorno. Se tale effetto potrebbe non essere paragonabile ai lunghi tempi di mantenimento del gelato industriale (che ha processi e ricette completamente diverse) un gelato ben conservato (coperto dalla brina del freezer, non scongelato e ricongelato molte volte) deve essere porzionabile con semplicità ed esprimere, una volta tornato alla temperatura di degustazione, più “calda” del freezer, la medesima qualità del prodotto consumato in negozio.
Il colore
Il colore è una delle componenti fondamentali di molti cibi e bevande. Si pensi al successo di alcune bibite che incolori avrebbero probabilmente un appeal molto inferiore. Il gelato non fa differenza e, nel caso delle vetrine espositive dove il prodotto è in vista, la cromia totale del banco è sicuramente motivo di attrazione. I gelati possono essere colorati per aggiunta di ingredienti coloranti (fragola, cacao, uovo…) o per mezzo di sostanze coloranti (caroteni, antociani…). Spesso le sostanze coloranti sono in aggiunta agli ingredienti coloranti per stabilizzarne il colore ed avere una colorazione sempre costante; le fragole ad inizio stagione non hanno né il colore né il sapore di quelle in piena stagione ma l’aspettativa del cliente deve essere comunque rispettata. Oggi, a causa dell’eliminazione di molti coloranti sintetici, in linea con le indicazioni della Comunità Europea ma anche con l’evoluzione dei gusti dei consumatori, i colori del gelato sono diventati più tenui e meno brillanti.
Tuttavia il colore tenue non è necessariamente un segno di qualità e, come detto sopra, la qualità dipende da diversi fattori. Alcuni pistacchi vengono addizionati di clorofilla (molecola di origine vegetale) per ottenere un colore meno marrone e più verde, così come capita per alcuni gusti come la menta ad esempio, che in purezza sarebbe bianca come il fior di latte. La colorazione del gelato è quindi un aspetto di tipo commerciale, influenzato dalle richieste dei consumatori, che possono variare anche molto: una vetrina colorata per alcuni è più accattivante di una molto neutra, per altri è vero il contrario. Sta al singolo gelatiere analizzare bene la propria clientela attuale e potenziale e definire la migliore strategia.
La struttura
Il gelato di qualità si scioglie in bocca in modo regolare ed abbastanza rapido, non ha necessità di masticazione, ha un effetto cremoso. Il gelato al latte, all’assaggio attento, non lascia una sensazione finale acquosa ma cremosa. Non lascia residui su lingua e palato (ad esempio sabbiosi), li lascia privi di patine (ad esempio di grasso). Non ha una sensazione untuosa. Il sorbetto, diversamente dal primo, ha una sensazione rinfrescante ed ha una coda più o meno acquosa. Questo dipende dall’effetto che il gelatiere decide di dargli legando più o meno acqua nella ricetta e lasciando quindi più o meno ghiaccio nel prodotto finito. In entrambe i casi i cristalli di ghiaccio, sempre presenti nel gelato, non devono essere percettibili. La dimensione dei cristalli di ghiaccio è infatti espressione di tre fattori: la qualità delle macchine usate per il congelamento, la ricetta ed il tempo di permanenza in vetrina del gelato. Un cristallo di ghiaccio diventa percepibile quando la sua dimensione supera i 20 microns, ossia i 20 millimetri di millimetro. Possiamo quindi immaginare quanto fine la struttura di un gelato di qualità debba essere. Più il prodotto è fresco più risulterà cremoso e “caldo” al palato, sebbene sia ad una temperatura vicina agli 11 gradi sotto zero di media. Alcuni esercizi decidono di mantecare piccole quantità di gelato (dai 2 ai 3 kg massimo) per ogni gusto ed aumentare la frequenza di preparazione del prodotto per averlo sempre al massimo della freschezza. Altre gelaterie preferiscono invece ottenere un maggior effetto visivo “caricando” più gelato in vaschetta e quindi avendo un tempo di permanenza in vetrina più lungo. Questo dipenderà anche dal numero di clienti giornaliero che la gelateria ha. In questo caso, diversamente dai ristoranti che scelgono di avere pochi coperti per ottenere una maggiore qualità, la gelateria di grande afflusso di clienti ha più semplicità ad ottenere un gelato più buono. Il volume di vendita costringe ad una continua produzione e quindi il gelato permane ben poco in vetrina.
Un indice di qualità strutturale è anche l’attenzione che il gelatiere pone a sostituire vaschette ormai giunte al termine con vaschette nuove. Non solo quelle vaschette hanno un brutto effetto visivo ma probabilmente hanno sostato abbastanza tempo in vetrina per essere sostituite e la struttura potrebbe averne risentito. Nel caso poi si utilizzi il porzionatore per il servizio (il gelato a pallina) lo stesso viene bagnato prima dell’uso, lasciando così delle tracce di acqua nel gelato che presto si trasformeranno in ghiaccio di dimensione ben superiore ai 20 microns che è il limite della qualità. Questo non accade quando il gelato è porzionato a spatola, con una spatola dedicata per ogni gusto.
Il sapore
Veniamo ora ad uno degli argomenti più soggettivi che si possa trattare. Per renderlo oggettivo, come questa guida deve essere, possiamo dire che all’assaggio il gelato non deve avere dei gusti distorti. La parte finale della sensazione, subito successiva alla deglutizione, non deve lasciare retrogusti indesiderati o spiacevoli. L’effetto olfattivo, ossia quelle frazioni aromatiche che salgono dalla bocca al naso, non devono essere eccessive o pungenti.
In alcuni gusti derivanti dalla tostatura, come il cacao, la nocciola, il pistacchio, non si deve percepire un gusto finale amaro, indice di tostatura eccessiva o mal fatta (ad esempio una nocciola raffinata in presenza di troppe pellicine post sgusciatura). Il gusto deve essere pieno e persistente, chiaramente identificato, ma lasciare il palato una volta finita la deglutizione.
Altri gusti, ad esempio la vaniglia, non devono risultare pungenti. La presenza di sale, ad esempio nel pistacchio o in alcuni caramelli non deve essere eccessiva al punto di avere una eccessiva reazione alla sapidità in bocca. Gusti di frutta, come ad esempio il melone, devono essere ben dosati e non rilasciare troppi aromi volatili che possono essere eccessivi al durante lo scioglimento in bocca.
La parola d’ordine per il sapore di un gelato, gusto per gusto, è armonia. Se poi il gusto del cliente è particolare, come un cono limone e cioccolato, ad esempio, sarà una questione di gusto personale e, forse, un’armonia difficile da ottenersi anche per il gelatiere più esperto.
Per valutare il sapore di un gelato bisogna abituare la bocca a ricevere un prodotto piuttosto freddo. Si comincia con un piccolo assaggio, in cui porteremo la nostra bocca a reagire ad una situazione nuova. Questo assaggio non sarà idoneo ad un’analisi attenta ma di tipo preparatorio, come ad esempio l’identificazione del gusto, se eseguita ad occhi chiusi. L’assaggio successivo potrà portare una quantità maggiore di gelato in bocca. Lo si lascerà sciogliere lentamente, registrando tutte le informazioni che attraverso le papille gustative arriveranno al nostro cervello. Ci saranno dei gusti di testa, dei gusti di corpo ed un gusto di coda. Normalmente, per quanto il sapore scelto lo permetta, l’andamento seguirà una specie di parabola, più ampia nel caso di gusti morbidi come il cioccolato o la nocciola, che esprimono un corpo pieno e dai sapori complessi, più stretta nel caso di gusti come il limone, che esplodono in una cuspide molto precisa e rapidamente discendente.
Alcuni gusti, come la vaniglia, esprimono il loro meglio nella coda, sviluppandosi più lentamente e richiedendo una discreta attenzione fino al totale scioglimento, dove le parti più volatili dell’aroma rilasciano fragranze tipiche del cultivar. Questi aromi così “ritardatari” vengono spesso usati per allungare le fragranze di ingredienti come il cioccolato e la nocciola. Qualcuno li usa addirittura per sapori come la fragola, rendendoli unici e difficilmente riproducibili da altri.
L’arte aromatiera italiana e la preparazione di idonee conserve alimentari per l’aromatizzazione del gelato da aziende specializzate del settore è un aspetto che tutto il mondo ci invidia.
Un altro aspetto dell’assaggio è sicuramente la valutazione della sensazione di dolcezza che registriamo. Va detto che il gelato è un dolce, quindi aspettarsi un prodotto non dolce è di per sé un errore. In alcuni paesi del mondo, come la Cina, il gelato viene preparato con un punto di dolce così basso da risultare per noi non appetibile.
Gli zuccheri infatti sono dei magnificatori del gusto, come lo è ad esempio il sale. Un eccesso di zuccheri può però portare ad avere dei gusti poco armonici, con forti note di testa slegate dal resto del sapore. Una giusta presenza di zuccheri dà invece l’idonea connotazione al gusto, con la giusta permanenza al palato ed un adeguata persistenza. Una carenza di dolce tende al contrario a far scomparire le note di testa dei sapori e ad appiattirli al palato, rendendoli tutti “un po’ simili” tra loro e poco persistenti. Va anche detto che in una nazione come l’Italia, la percezione e l’apprezzamento del dolce varia da regione a regione spostandoci da nord a sud. Al sud le ricette dei gelati alle creme possono avere una quantità di zucchero superiore del 40% di quanto non sia al nord. Anche la quantità di “gusto” aggiunta (cacao, nocciola, pistacchio) aumenta di molto, arrivando in alcuni casi a raddoppiare. Significa un gelato di qualità superiore? In realtà è un gelato che si adegua al gusto locale, alle tradizioni, alla cultura del posto che non necessariamente portato in una diversa zona avrebbe lo stesso successo.
Un indice di giusto bilanciamento del sapore, ma non solo, è quello del senso di appagamento sensoriale che il gelato degustato dà. Alla fine dell’esperienza non si dovrebbe avere la sensazione di bere, indice di un prodotto troppo ricco o troppo dolce, la bocca deve rimanere pulita con lievi sentori di ciò che si è degustato e non è una sensazione errata il desiderio di proseguire il consumo, avendoci evidentemente dato un esperienza estremamente soddisfacente. Si consideri che un gelato da circa 100 grammi, che è una buona porzione, apporta solamente 100/120 kcal se alla frutta e 180/220 kcal se alle creme, un valore estremamente ridotto se paragonato con altri prodotti.
Conclusione
Il gelato è un alimento complesso, molto più complesso di quello che il consumatore finale può apprezzare. Si conserva a basse temperature ma si consuma ad alte temperature. Trasforma piuttosto radicalmente i gusti da cui parte rendendoli più buoni e più facili da assimilare. Il processo di produzione di una gelateria anche piccola è molto tecnico e richiede investimenti piuttosto rilevanti per ottenere un prodotto di qualità. Ma il gelatiere, oltre ad essere un imprenditore che investe nel suo esercizio deve anche avere una notevole sensibilità nel creare prodotti che miscelano liquidi, aria e solidi in una schiuma ben poco stabile. Il tutto deve essere accompagnato da una struttura setosa, un gusto armonico e cromie assonanti.
Si può quindi comprendere quanto non sia semplice ottenere tutto ciò. Non semplice ma possibile, quindi analizzate con attenzione il gelato quando vi avvicinate ad una nuova gelateria seguendo le semplici regole sopra riportate perché la vostra esperienza e valutazione sia completa, soddisfacente ed il più possibile oggettiva.