Pasticceria Carraturo: il perfetto incontro tra tradizione e gusto

Pasticceria Carraturo: il perfetto incontro tra tradizione e gusto

La Pasticceria Carraturo è una delle più famose della città di Napoli; espressione di tradizione e qualità, rifornisce con le sue prelibatezze, da quasi 200 anni, cittadini di Napoli, turisti e clienti di tutto il mondo. Abbiamo avuto la possibilità di intervistare Ulderico Carraturo, rappresentante principale della quinta generazione della famiglia che da tanto tempo gestisce con successo questa attività.

Qual è la storia della Pasticceria Carraturo? Quando è nata la vostra attività?

La Pasticceria Carraturo nasce a Napoli, in Porta Capuana, nel 1837. La storia vuole che il mio trisavolo, Pietro Carraturo, fosse un contadino, guardiano di tacchini, non lontano da Napoli, a Casamarciano, vicino Nola. Un carretto che portava legna, mentre passava da lì, si ruppe una ruota e si rovesciò. Secondo alcune versioni della storia, il mio antenato aiutò il carrettiere a rimettere la legna sul carretto. L’uomo allora, per gratitudine, lo invitò ad andare in città con lui quella volta, e così tutte le settimane in cui sarebbe passato, per imparare un mestiere: quello del fornaio. Pietro accettò l’invito e per tutte le settimane successive si recò in città con il carrettiere per imparare l’arte del fornaio. Fu così che ebbe inizio la sua passione per la pasticceria, che lo portò ad aprire nel 1837 un suo punto vendita nella zona di Porta Capuana, l’ingresso antico della città di Napoli.

La preparazione che ha reso rinomata la pasticceria Carraturo è stata la sfogliatella, dolce per cui è ancora famosa. La sfogliatella nasce a Napoli, o meglio in un convento in provincia di Napoli, nella versione Santa Rosa: riccia, con la crema e le amarene. Poi, l’oste napoletano Pasquale Pintauro fece la versione più povera, senza la crema e le amarene mentre, da qualche ricerca fatta, risulta che il mio avo realizzò la versione frolla della sfogliatella, per le persone senza denti: all’epoca infatti non veniva usata la dentiera. Questa rielaborazione del dolce, che pare sia proprio nata qui, a Porta Capuana, anche se non vi è assoluta certezza storica, rimane ancora oggi il nostro cavallo di battaglia sia nella versione frolla che in quella riccia.

Io rappresento la quinta generazione e, con mio fratello Alessandro, gestisco questo laboratorio di pasticceria con annesso punto vendita che ancora oggi sforna una produzione che è completamente artigianale. Ovviamente usiamo anche dei macchinari, perché ci aiutano nella produzione ma è tutto principalmente in mano all’estro del pasticciere, avendo tramandato nel tempo i metodi di lavorazione. Usiamo sempre materie prime fresche, pochissimi semilavorati sia nella pasticceria che nella gelateria.

Al settore della gelateria artigianale si è avvicinato mio padre, all’incirca alla metà del secolo scorso e noi lo abbiamo ereditato. Ancora oggi per la lavorazione del gelato usiamo esclusivamente latte fresco, zucchero, destrosio, frutta fresca o surgelata quando non si riesce a trovare quella fresca, neutri a 5 grammi. Evitiamo prodotti già confezionati da parte dell’industria e ci teniamo molto a preservare l’artigianalità, anche nella scelta dei gusti.

 

Che rapporto c’è tra la vostra pasticceria e la città di Napoli?

Rispetto alla città siamo molto attivi, non solo nel quartiere, ma su tutto il territorio, come attività commerciale e punto di riferimento storico per artigianalità e qualità. Da noi non troverai mai cupcake o dolci simili, ma solo quello che è nella tradizione pasticciera napoletana, che tendiamo conservare e esaltare con le nostre preparazioni. Siamo inoltre molto attivi nel sociale, nei progetti di rigenerazione urbana della città, e infatti collaboriamo a stretto contatto con le istituzioni. Per esempio, siamo la prima azienda napoletana che accetta i bitcoin: un progetto supportato e voluto dal Comune di Napoli. Inoltre sono anche Presidente di un’associazione anti-racket attiva nella zona.

 

Quali sono i prodotti di punta o simbolo della vostra produzione?

I prodotti simbolo della nostra produzione sono, innanzitutto la sfogliatella e in generale molti dei prodotti dolciari napoletani come il babà, la pastiera.

La pasticceria napoletana ha dei cicli: inizia a novembre con la produzione del dolce tipico del periodo, il torrone dei morti, ossia blocchi di cioccolato con vari gusti, poi si arriva al Natale con i roccocò, i mostaccioli e le cassatine. Ora siamo nel periodo di Carnevale, ci sono quindi le chiacchere, i savoiardi, il sanguinaccio, le Santa Rosa, poi si arriverà a San Giuseppe con le zeppole, e a Pasqua con la pastiera.

Rispettiamo tutto quello che è la tradizione napoletana, nei tempi, nella produzione e nelle modalità di quello che ci hanno tramandato. L’unico strappo alla regola che facciamo è per esempio che la pastiera non viene venduta solo a Pasqua, ma sempre, perché è molto richiesta e si adatta benissimo al sistema delle spedizioni. Infatti lavoriamo molto con le spedizioni, con i corrieri fuori porta, poiché riceviamo molti ordini, anche da clienti lontani.

 

Qual è la tipologia dei vostri clienti? Quali gusti prediligono?

Facendo riferimento a una scala annua, abbiamo circa il 70% di habitué e il 30% di avventori. Nei periodi di festività come Natale, Pasqua ecc. il numero degli avventori sale perché abbiamo un flusso maggiore di turisti in visita alla città di Napoli. I turisti si avvicinano a noi perché ne hanno sentito parlare, o tramite Tripadvisor, Facebook o tramite passaparola. Per quanto riguarda i gusti, c’è una parte della popolazione che sicuramente cerca la novità o particolari trend, ma io sono dell’idea di non imitare il prodotto di altri, tendo a conservare il nostro prodotto, che produciamo da tanto tempo, il nostro “zoccolo duro”, perché sono convinto che il cliente prima o poi torna: pensa alla sfogliatella, ha più di 200 anni eppure è sempre venduta e consumata. Un motivo ci sarà: il tempo ci dà ragione, la gente torna sempre sui gusti classici.

 

Utilizzate particolari strategie per promuovere la vostra attività o lanciare nuovi prodotti?

La parte relativa al lancio dei prodotti e alla loro promozione era un’attività a cui non credevo molto ma mi sono dovuto ricredere. Oggi mi rendo conto che il mondo social è strategico, e per questo abbiamo la nostra pagina Facebook e quella di Instagram che usiamo ad esempio per spingere il prodotto del momento o per pubblicare la foto della colazione con i nostri dolci… Insomma, soprattutto tante fotografie che possono invogliare il cliente ad assaggiare i dolci della nostra produzione. Ricordo però, come ho già detto, che gran parte del nostro successo è dato dalla componente   dell’affettività, che si tramanda nelle famiglie napoletane, di padre in figlio o per passaparola. Non esiste un canale unico di comunicazione, si attinge quindi da vari canali.

 

La tua formazione come pasticciere/gelatiere?

Io mi occupo in generale di tutti gli aspetti gestionali dell’attività, dal laboratorio alla vendita. La prima scuola che ho seguita è quella “sul campo”, sono cresciuto in laboratorio. Non ho una formazione specifica ma con i miei collaboratori ci teniamo aggiornati, partecipiamo a corsi.

Da quando sono piccolo sono cresciuto in pasticceria, anche mentre studiavo ho sempre collaborato e aiutato in vario modo. Importante ovviamente è aggiornarmi costantemente perché credo che il bottegaio sia colui che rimane chiuso nelle sue convinzioni invece io sono convinto che un buon artigiano e un buon imprenditore si debba aggiornare, tenere informato sulle novità. Oggi per esempio un ingrediente si studia, si conoscono tutte le sue caratteristiche, la sua struttura e composizione.

Per esempio, la farina, per me che sono pasticciere, è un ingrediente fondamentale e conoscerla come materia prima, chiedersi il perché empiricamente succeda qualcosa e poi approfondirlo nello specifico permette di capire dove e come puoi sostituire quel prodotto, quali sono gli ingredienti migliori, scoprire come non essere dipendente dai prodotti delle industrie. Quando mi confronto con alcuni miei colleghi, mi rendo conto che, a volte, alcuni sono vincolati ad alcuni fornitori perché credono che senza quel prodotto non si possa lavorare bene, ma non è così.

 

Producete anche gelato; perché questa scelta?

Ricordo che noi siamo prevalentemente una pasticceria. Dopo l’università, quando sono entrato nella gestione dell’attività, una delle cose su cui ho puntato è stato implementare il settore gelateria.  Questo perché il ciclo della pasticceria inizia a novembre e finisce con Pasqua e non copre due periodi importanti come la primavera e l’estate in cui i consumi della pasticceria tendono a scemare per il caldo, le diete e così via.

Ho pensato che l’ideale fosse puntare sulla gelateria, dandole però una connotazione particolare, puntando sulla genuinità degli ingredienti.

Volevo cercare di creare un nostro spazio in un settore di nicchia del mercato per fare emergere il valore aggiunto di un prodotto di gelateria curato e di qualità. Quello della gelateria è un progetto in cui spendo molte energie: infatti faccio anche parte del Comitato dei Gelatieri Campani che aderisce ad ArtGlace. Sono inoltre uno dei promotori, insieme ad alcuni altri colleghi gelatieri artigiani, della giornata Europea del Gelato: ho voluto fortemente che venisse istituita questa giornata. Siamo anche riusciti a ottenere l’emissione del francobollo sul gelato artigianale da parte di Poste Italiane, tutte operazioni che ho promosso con il coinvolgimento di alcuni colleghi gelatieri per la promozione e valorizzazione del gelato artigianale.

 

Per i gelati quali ingredienti e quali gusti prediligete?

Noi abbiamo un banco gelati ristretto, essendo soprattutto pasticceria. Ci sono gusti classici ovviamente come cioccolato, pistacchio... Gli ingredienti che utilizziamo, sono: per le creme, latte, zucchero, destrosio, i caratterizzanti, le uova dove servono, e tutti gli ingredienti che caratterizzano quel determinato gusto. Mentre per la frutta: oltre alla frutta fresca di stagione, usiamo solo zucchero, acqua e del destrosio.

Sia per i gusti di crema che per quelli di frutta usiamo dei neutri a 4 o a 5 grammi e quindi farina ai semi di carrube principalmente. Tendiamo a dare una collocazione stagionale rispetto alla produzione dei vari gusti. Inoltre tengo sempre qualche vaschetta per delle sperimentazioni ma sempre di stagione. Per esempio, io ho un terreno di famiglia nel nolano, da cui quest’anno ho avuto una produzione enorme di uva fragola. Abbiamo così comprato un estrattore, ne abbiamo ricavato il succo e abbiamo prodotto il gelato all’uva fragola. Lo stesso lo abbiamo fatto con del melograno, sempre un prodotto locale e stagionale. Da noi i gusti crema e torrone li trovi ad ottobre, il mandarino a novembre ma non d’estate, perché sono frutti relativi a quel periodo dell’anno e ci limitiamo a produrli proprio in quei giorni.

 

Cos’è secondo te un buon gelato artigianale?

Per anni i gelatieri hanno litigato fra loro su come creare un disciplinare del gelato artigianale e non è mai stato prodotto proprio perché a questa domanda è difficile rispondere. Io credo che un buon gelato artigianale sia un prodotto fatto con materia prima prevalentemente fresca, una produzione quotidiana in cui l’estro del gelatiere deve prevalere sull’aiuto dato dall’industria. Secondo me, noi della Pasticceria/gelateria Carraturo produciamo un buon gelato artigianale perché puntiamo molto alla qualità delle materie prime e alla valorizzazione dell’inventiva del gelatiere, che in questo caso sono io, che mi occupo della parte gelateria della mia attività.

 

Che consigli daresti a chi volesse aprire un proprio negozio o rinnovare la propria attività?

L’unico consiglio che mi sento di dare è quello che ricordo sempre a me: fare il proprio lavoro con passione e amore senza pensare al profitto. A mio parere il profitto viene in automatico se lavori mettendoci passione. Io mi chiedo sempre: “Cosa faresti una giornata intera 24/24h senza stancarti?  Se la risposta è: “Questo, il mio lavoro” allora andrai avanti, è giusto proseguire e gli incassi verranno. Mentre credo che, se l’obiettivo finale che ci si pone è solo il profitto, sia meglio cambiare lavoro.

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